Addii da obliterare

« Non voglio morire così, generale voglio morire in un altro modo. Gliel’ho detto, non me lo faccia ripetere, non so nuotare. - Generale sa, a lavoro erano tutti superuomini eccetto io, avevano l’amante sa? E desideravano morire con l’amante, ma io voglio morire con mia moglie, generale.
- Questo biglietto non posso permettermelo, vede? Generale, ma se decidessi di non salire su quella nave? Torno a dirle che non so nuotare, giammai oggi vorrei mi accadesse qualcosa! Generale la mia donna non è qui e io non voglio morire annegato » .
- « Lei non morirà annegato, posso assicurarglielo. Adesso si tranquillizzi, le rimborseremo la tassa del traghetto, ma torni a casa, sono certo che al suo arrivo troverà in tavola un pasto caldo ».
Scese dal treno alla stazione di Messina, vorrei fosse tornato a casa. Ero ferma al binario tre, lo osservavo avanzare spedito verso l’uscita.
Tirai su il cappuccio, ripiegai la tessera elettorale e la infilai in borsa. Mi sentii pervadere da una grande tenerezza mista a un forte ed incoscio senso di colpa. Gettai poi un sospiro profondo annegando in un pianto silenzioso. Mi si appannarono i vetri delle lenti e sebbene mi senta un perfetto robot senza, tolsi gli occhiali e liberai gli occhi.

Dovevo  far scorrere via quelle lacrime di follia . Era un modo - il più squallido certo, per tirarlo fuori da me.
Alvie non era qui, per la verità oggi fra i suoi pensieri di certo non c’ero io, così mi ripetevo senza sosta:"la sua vita è già bella così e tu non devi essere il suo handicap" e iniziai ad abbozzare pensieri senza capo né coda che promettevo un addio.
Un addio che volevo far coincidere con questa notte, la notte della maratona di un momento storico.
Ero parte della generazione più importante dopo quella del 1946, stavo vivendo un momento di cambiamento delle sorti del mio Paese come quello che visse la generazione che affrontò il referendum tra monarchia e Repubblica.
Questa notte c'ero anche io a fare il mio dovere e a difendere la mia Carta, perché non è così che avrei desiderato  morire, non era questo il cambiamento che volevo, già... non era questo il cambiamento che volevo.
Diverse ore prima della chiusura dei seggi Renzi si proferì al popolo, mi fece una qualche tenerezza, pareva commosso,  aveva perso contro "le regole del gioco", la poltrona che sarebbe saltata era la sua. Sorseggiavo il mio tè inglese inerme sulla sedia della cucina con lo sguardo rivolto ai risultati in aggiornamento, lì con me l'addio da articolare nel quale avrei deposto le speranze, i pensieri, le poesie, le nuvole.
Gli incontri di oggi sembravano essere i suggeritori di un teatro che, seduti da dietro le quinte pronunciavano le mie battute, ed io, stupida attrice ero finita nel loro buco.
Non ricordavo più un solo attacco, prendevo il loro spunto e poi con le mani mi tappavo le orecchie, io volevo battermi.

...« Non voglio morire così, generale voglio morire in un altro modo.

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