Nuvole e nostalgie
“Cosa c’è di più bello di un cielo azzurro?
Un cielo di pieno di nuvole”
Scrive Gavin Pretor- Pinney...
Fili di seta orientali scivolavano leggeri sulla sua fronte,
ne addolcivano i tratti somatici conferendogli armonia e delicatezza.
La morbida luce calda proveniente dalla sua lampada inondava
le mura di quella camera aranciata creando un’atmosfera intima, e, mentre Annie
rammentava il suo viso, avrebbe voluto affondare le dita nei suoi folti capelli
neri, profumati e lucidi.
Quella mattina, impaziente era balzata giù dal letto a dare
il buongiorno alla sua Nuvola. Uscii sul balcone e rimase a guardare il cielo:
era limpido, non c’erano nuvole.
I suoi occhi fissi all’insù diventarono d’un giallo lucente,
abbassò lo sguardo, deglutì.
Le lacrime presero i riflessi del sole, si lasciò scivolare
per terra circondando le ginocchia tremanti con le braccia. Alvie non poteva
più essere lì con lei, era una Nuvola e il vento lo aveva spinto nella sua
direzione.
Le dicevano di non smettere mai di guardare su, che le nuvole
quando vanno via portano il sereno, le dicevano che a volte è una questione di
prospettiva e riesci a scorgere altri draghi che puoi tornare a rincorrere, con
i quali poter fare amicizia.
Non era così, lei lo sapeva bene, si era innamorata di
minute particelle d’acqua condensata sospese nell’aria, che le stavano
lasciando adesso un vuoto incolmabile.
Perché al Sole era concesso avere una routine, nascere e
morire ogni giorno? Perché tutto ciò che abitava il cielo non aveva i suoi
stessi diritti? E perché la Nuvola aveva avuto breve vita? Arrabbiata tolse i mobili dalla sua camera,
tenne il letto e lo scendiletto. Non vi era più spazio, se non quello necessario
a contenere una nuvola.
Così, in sere come questa, prima di coricarsi, Annie socchiude
la porta che dà al cielo, speranzosa di risvegliarsi nell'abbraccio della sua Nuvola.
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